La Sardegna di oggi per la Memoria di domani
 

Un diluvio di voucher

Le stagioni, anche le stagioni del lavoro, non sono più quelle di una volta. Il lavoro occupava un arco di tempo ben definito nella vita delle persone, in particolare degli uomini, che andava dalla giovinezza alla vecchiaia e corrispondeva alla fase produttiva della vita in cui si procurava il reddito per la famiglia e si progettava e costruiva il futuro. Oggi i percorsi di lavoro sono tardivi e accidentati; ci si muove entro orizzonti corti e confini ampi, variando e moderando i propositi e le aspirazioni in base a ciò che offre il mercato, fino a soglie di accettazione sempre più basse.

In Sardegna, per molto tempo, l’andamento dell’occupazione ha seguito di anno in anno le stesse fasi più o meno con la stessa intensità: l’occupazione aumentava a partire da maggio-giugno, cresceva ancora a luglio-agosto, crollava a novembre-dicembre e ristagnava fino alle soglie della primavera successiva. Ma l’avvicendarsi delle stagioni del lavoro, quelle dell’abbondanza e quelle della scarsità, non è più così netto e regolare, perché negli ultimi anni la crescita estiva dell’occupazione trainata dal turismo si è ridotta e il successivo calo invernale è meno accentuato, anche per effetto della frammentazione dei rapporti di lavoro che investe ogni ambito occupazionale e che ha prodotto una moltitudine di lavori che compaiono e scompaiono nel giro di qualche mese e una massa di “occupati per poco” (per poche ore, pochi mesi, poco reddito).

Siamo entrati in una nuova stagione del lavoro, quella del lavoro “accessorio”, inaugurata qualche anno fa con l’introduzione dei voucher, i “buoni lavoro”. Nato con una sperimentazione nelle vendemmie del 2008 per fare emergere il lavoro nero in agricoltura, il sistema dei voucher è stato poi esteso a qualsiasi tipo di attività e di settore e ha finito per destrutturare l’occupazione regolare, sostituendosi ai contratti a termine.

Il valore nominale del voucher è uguale per tutti, 10 euro, e “corrisponde al compenso minimo di un’ora di prestazione”, comprensiva dei contributi previdenziali e assicurativi. I lavoratori si mettono in tasca 7,50 euro per un’ora, ma le cronache quotidiane raccontano di molte ore pagate con un solo voucher e di voucher utilizzati per regolarizzare a posteriori i lavoratori non regolari che si sono infortunati (nell’arco di pochi anni, tra i lavoratori pagati con i voucher gli infortuni sono triplicati).

I datori di lavoro hanno apprezzato molto questo nuovo strumento di “flessibilità” all’italiana, basato su una netta riduzione dei costi a scapito delle condizioni di lavoro. Gli ultimi dati Inps, aggiornati ad aprile 2016, dicono che in Italia nel 2015 il sistema dei voucher ha coinvolto quasi 700mila uomini con un’età media di 37 anni e 710mila donne con un’età media di 35 anni. In totale 1.380.000 persone, di cui oltre il 40 per cento ha svolto lavoro accessorio anche negli anni precedenti. È una forma di ingaggio per forze di lavoro adulte, che nell’arco di un anno riscuotono in media 64 voucher a testa, con un guadagno netto annuale di circa 500 euro. Sono in larghissima prevalenza lavoratori e lavoratrici italiani, mentre le persone extracomunitarie sono appena l’8,6 per cento.

I datori di lavoro sardi sembrano apprezzare più di altri il sistema dei voucher, il cui utilizzo è cresciuto impetuosamente: basta considerare che nel 2012 in Sardegna sono stati venduti circa 500mila voucher e nel 2015 sono diventati quasi 4 milioni. I lavoratori interessati erano 10mila nel 2012 e dopo tre anni sfiorano i 52mila, distribuiti in molti settori tra cui il commercio, il turismo e altri servizi. Sulla base dei voucher riscossi si stima che nel corso del 2015 ogni lavoratore e lavoratrice abbia ricevuto in media 61 voucher, per un guadagno netto annuale di circa 450 euro. Il lavoro è accessorio ma non lo è il reddito, che in alcuni casi è l’unico disponibile.

Lilli Pruna

Scritto da