La Sardegna di oggi per la Memoria di domani
 

Seduzione identitaria

«Mi fermo a lungo davanti ai giganti di pietra del Sinis, i Guerrieri di Monti Prama. Cose così muovono qualunque fantasia, figurarsi in quest’isola bisognosa di orgoglio nazionale. Ce li siamo immaginati, i giganti di pietra, ritti sulla costa a dominare il mare, per chi arrivava in armi».

Era il 2008 quando Giulio Angioni, scrittore e antropologo di Guasila scomparso di recente, dava alle stampe il suo Afa. In quegli anni i Giganti di Mont’e Prama erano ancora un puzzle da ricomporre nei laboratori di restauro e i nuovi scavi sull’area di Cabras di là da venire, eppure Josto Melis, il protagonista del romanzo, già si interrogava sul loro misterioso fascino.

Negli ultimi cinque anni le sculture nuragiche del Sinis hanno sovvertito le gerarchie consolidate dell’immaginario sardo diventando i simboli di una storia nuova i cui tasselli continuano a ricomporsi uno dopo l’altro davanti ai nostri occhi: le statue ricostruite sono esposte al pubblico, i saggi degli archeologi approdano in libreria, e nella località Mont’e Prama, a dodici chilometri dal centro abitato di Cabras, nella Sardegna centro-occidentale, vanno avanti i lavori di scavo.

Di Mont’e Prama parla la stampa nazionale e internazionale, parlano gli accademici e le persone comuni, gli storici e gli antropologi, i geologi; ha conquistato le copertine di libri e fumetti, è diventato il simbolo stampato sulle maglie dei giocatori della Dinamo Basket e il marchio promozionale del turismo in Sardegna; dal suo potente immaginario attingono a piene mani musicisti, scrittori, fumettisti e sceneggiatori; è stato, infine, al centro di un feroce dibattito politico attorno all’adeguatezza della sua valorizzazione e si è discusso pure su chi avrebbe dovuto gestire gli scavi e come.

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