La Sardegna di oggi per la Memoria di domani
 

Se stavo a casa era meglio…

Io, non è di questo che voglio parlare, ma agosto è un mese che mi piace perché gli altri, il mondo, se così si può dire, vanno in vacanza, io invece lavoro. Che io, da vent’anni, da quando ho trovato un lavoro che mi piace, io le vacanze, se posso evitare di farle, evito volentieri. Che adesso, non è di questo che voglio parlare, ma l’anno scorso un mio amico mi ha mandato una cartolina da Riccione che raccontava una sua breve vacanza e finiva così: «Era meglio stare a casa». E io avevo pensato di fare un concorso che avevo chiamato Era meglio stare a casa summer festival 2016 e avevo lasciato il mio indirizzo (Paolo Nori, via Porrettana, 156, 40033 – Casalecchio di Reno) e avevo chiesto a chi era andato in vacanza e non si era trovato bene di mandarmi una cartolina con un piccolo racconto della propria vacanza disastrosa, se era stata disastrosa, o insignificante, se era stata insignificante, o assurda, se era stata assurda. E avevo ricevuto una cinquantina di cartoline, tra le quali, da un posto a 56 chilometri da Seoul e a 205 chilometri da Pyongyang, dove i treni della Corea del nord e quelli della Corea del sud si incontrano, una cartolina che c’era scritto: «Ogni turista firma un documento, in coreano, in piccolissimo in inglese: “…la visita all’area comporta l’ingresso in una zona ostile con possibili rischi, tra cui la morte, derivanti da azione belliche nemiche”. Non era meglio stare a casa?» (firmata Anna). Oppure, dalla Danimarca, questa: «Beato te che vai nella vera socialdemocrazia!» mi ha detto Bonetti al bar. 346 DKK (45 €) un panino con l’aringa. 65 DKK (5 €) il coperto e non c’era neanche la tovaglia. In bagno non ci sono andato perché ho finito i soldi. Socmel la socialdemocrazia! E Bonetti. Ma non era meglio se stavo a casa? (firmata Matteo). E, dall’«Hotel “President” di Siderno (RC), una cartolina dove c’era scritto: «Era meglio stare a casa ma io già lo sapevo. Muoversi ad agosto insieme a tutta la città è come stare fermi. Parte il treno e parte anche la stazione». (Firmata Mattia, questa ha vinto). Quest’anno il concorso è ripartito, con l’edizione Era meglio stare a casa Summer Festival 2017, e ho ricevuto una cartolina dal Giappone che diceva: «Eravamo al tempio, c’era pieno di ortensie, tutti facevano le foto alle ortensie. Ci viene incontro un signore del posto. “Siete stranieri? Che bello! Grazie che mi rispondete! Italiani? Ohhhh”, diceva in inglese. “Posso farvi una domanda? Davvero grazie, ma è vero, ho sentito in tv, che dopo che avete lavato le cose, voi in Italia, dopo, le stirate? Ah ah ah». (firmata Anna e Matteo). Poi una, da Berlino, che dice: «Berlino, 7 luglio 2017. Porta in vacanza le tue figlie, e te ne pentirai. Non portare in vacanza le tue figlie, e te ne pentirai. Porta o non portare in vacanza le tue figlie, te ne pentirai comunque. Sia che tu porti in vacanza le tue figlie, sia che tu non lo faccia, lo rimpiangerai comunque» (G. B.). Per concludere, e per arrivare finalmente alla cosa della quale voglio parlare, vorrei aprire una sezione sarda dell’Era meglio stare a casa summer festival 2017, che valesse nei due sensi, cioè di qualcuno che raccontasse la sua vacanza sarda disastrosa, o insignificante, o assurda, oppure di qualcuno che raccontasse le vacanze disastrose o insignificanti o assurde alle quali ha assistito, da operatore turistico, magari: che andare in vacanza, con la famiglia, di solito succede che montiamo in macchina, cominciamo a litigare: è come se, in quell’occasione, la famiglia si trasformasse in una condanna, cosa che non succede soltanto quando si va in vacanza, succede anche, per esempio, quando si va all’Ikea. Ecco, mi piacerebbe che qualcuno mi raccontasse questa trasformazione di alcune zone della Sardegna in un’enorme Ikea; in premio c’è una copia introvabile di una rivista che si intitolava L’accalappiacani, il numero 2, uscito nel 2008, che contiene il Cd con il Pignagnoli ballabile, che spiegare cos’è sarebbe anche bello, se non fosse che è finito lo spazio.

Paolo Nori

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