La Sardegna di oggi per la Memoria di domani
 

L’ineguagliabile aroma del “brutto” caraganzu

Per i miei cinquant’anni ho pensato di regalare un fiore come gesto d’amore e gratitudine a chi mi ama e mi stima, ma anche a chi non mi ama. Potrà apparire strana una considerazione così personale in una rubrica di cucina, ma quando la cucina è la tua vita è inevitabile che ne segua le fasi. Ebbene, siamo in primavera e, come nella campagna, così nella mia vita ora è tempo di rinascita e fioritura. Sono grato agli amici ritrovati, ma in un certo senso lo sono ancor di più a quanti ho scoperto essere meno amici di quanto immaginavo. Gli uni e gli altri sono ingredienti essenziali nella ricetta della mia vita: tutti mi hanno consentito di fare un passo avanti nella mia crescita personale e di capire che non esistono fallimenti ma solo cambiamenti. Il fiore con cui voglio ringraziarli è il Caraganzu (Crisanthemum Coronarium), in italiano “fior d’oro”. Pianta che cresce in gran parte del pianeta come anche in Sardegna, nei campi incolti, ai margini delle strade, nelle periferie delle città. Ritenuta da Greci e Romani pianta magica, è la base per tantissime ricette della cucina asiatica per le sue proprietà aromatiche e anti ossidanti. Qui da noi, bistrattata e ritenuta infestante, nonostante i suoi bei fiori gialli che la fanno somigliare alla margherita, viene utilizzata in cucina solo in alcune zone dell’entroterra per fare zuppe.

L’articolo e la ricetta del “Gelato di caraganzu e croccante di alici” nel numero in edicola