La Sardegna di oggi per la Memoria di domani
 

La musica della sabbia

Che alcune dune e deserti fossero luoghi di musica stregata, al pari del canto delle sirene, i viaggiatori lo hanno sempre raccontato: “Quando l’uomo cavalca di notte per quel diserto […] ode parlare spiriti in aire che somigliano che siano suoi compagnoni. E più volte è chiamato per lo suo nome proprio […]. E molte volte ode l’uomo molti istormenti in aria e propriamente tamburi” Così, nel capitolo 56 de “Il Milione”, Marco Polo racconta la musica del deserto ascoltata poco distante dalla città di Lop, l’attuale Charklik, nella Cina nord-occidentale.

Una sorta di miraggio acustico che, oggi come allora, riesce a imprimersi nella memoria sonora più intima, stimolando una sorta di rinascita interiore. Non solo le sabbie del deserto del Sahara, ma anche alcune tra le dune più alte d’Europa presenti nei 47 chilometri della Costa Verde (Arbus), producono suoni benefici. Il canto delle dune ha una spiegazione fisica ben precisa: il suono sarebbe causato dalle vibrazioni del letto di sabbia, provocate dal movimento dei granelli a una velocità di almeno 0,45 metri al secondo. Il letto di sabbia si comporta come la membrana di un altoparlante, amplificando il rumore emesso dalle collisioni dei granelli che sono coperti da uno strato di silicio, ferro e manganese.

Dopo un mese di canto, questo strato inizia a deteriorarsi per poi scomparire, rinascere, morire e ancora rinascere. Si tratta di suoni che vengono sentiti con tutto il corpo attraverso i sensori della pelle, come una pioggia di carezze invisibili. Il richiamo irresistibile di questi canti di sabbia è da collegarsi alla loro azione di massaggi sonori, che agiscono principalmente sul collegamento degli emisferi cerebrali restituendo un perfetto equilibrio psicofisico. I momenti migliori per l’ascolto di questa musicoterapia naturale vanno ricercati nei mesi invernali.

Daniela Ducato