La Sardegna di oggi per la Memoria di domani
 

Esiliati e manager di fine Ottocento

Si è conservato assai poco – per pregiudizi ideologici e labilità della memoria – di quel che la Sardegna rappresentò, negli anni del Risorgimento, come terra di rifugio per gli esuli antiasburgici e antipapalini degli staterelli preunitari. Eppure non furono pochi e alcuni di loro si dimostrarono dei grandi benemeriti per aver trasferito in questa loro nuova patria saperi ed esperienze utilissimi per favorirne il progresso. Come Giulio Keller, un trentenne ingegnere di Gyor, l’antica Arrabona dei romani, che, per la sua partecipazione ai moti rivoluzionari di Vienna contro gli Asburgo, era stato costretto a cercare salvezza nell’esilio. O come Enrico Serpieri, un quarantenne chimico riminese, che, dopo aver partecipato al seguito di Garibaldi alla cacciata del Papa-Re ed alla costituzione della Repubblica romana costatagli una pesante condanna, era riuscito ad evadere rocambolescamente da un carcere pontificio cercando altrove la libertà. Ambedue sarebbero poi giunti in Sardegna al richiamo di quel che si favoleggiava sulle sue grandi ricchezze minerarie, su cui molto contava il governo di Torino per rimpolpare le sue finanze.

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