La Sardegna di oggi per la Memoria di domani
 

Anche i vini bianchi invecchiano bene

In queste settimane molti vignaioli sono alle prese con la vendemmia, altri hanno già portato l’uva nelle cantine e le prime fermentazioni sono in atto. Il valore di un vino di qualità, autentico e sincero, dipende strettamente da tre fattori.

I vitigni da cui è composto, la maestria di chi lo produce, il territorio. La correlazione con quest’ultimo dev’essere molto forte. Più lo sarà, più avremo un vino vero testimone di un luogo e della sua comunità. Per territorio non s’intende solo il terreno, l’esposizione o l’altitudine, ma il suo clima che, con i suoi cambiamenti e le sue incertezze determina l’annata. Una regione che ha buona cultura vitivinicola deve avere una grande considerazione dell’anno di vendemmia. Nel bene e nel male. Il consumatore deve richiedere precisi millesimi perché il vino non deve essere sempre uguale da un anno all’altro, ma soprattutto deve sapere che un vino di qualità ha la capacità di mostrarsi al meglio anche dopo diversi mesi dalla vendemmia.

Tra qualche mese vedremo sugli scaffali e nei ristoranti già i vini del 2016, con la conseguente corsa all’acquisto e all’automatica considerazione che i vini di annate precedenti siano ormai vecchi. Niente di più sbagliato specie se si pensa all’ottima vendemmia 2015 o ancor più alla 2014 in Sardegna. Quest’ultimo è stato uno dei millesimi migliori degli ultimi anni. Bere ora alcuni 2014 di Vermentino di Gallura, di Semidano di Mogoro o di Vermentino di Sardegna prodotti nelle aree più vocate dà gran soddisfazione. Nasi più complessi, palati saporiti con ancora ottima freschezza e vitalità. Non sarebbe difficile capire come anche i vini bianchi Isolani possano vincere la sfida del tempo. Non a caso alcuni importatori europei chiedono sempre di più bianchi con qualche anno sulle spalle. Per capire ciò ci vuole però una grande conoscenza da parte di tutto il comparto. E i sardi devono essere i primi a credere al buon invecchiamento delle loro preziose etichette.

Giuseppe Carrus